L’immagine di un migrante italiano attraversa la mente. Un minatore. A memoria dell’esodo che portò tanti uomini, tante donne e tanti bambini verso le Americhe, il Belgio, la Germania. Raramente si pensa che le parole abbiano un peso. Non un peso solo metaforico, ma un vero e proprio peso fisico. Una intrinseca gravità che le fa precipitare verso abissi di qualunquismo o innalzare verso vette di consapevolezza. Le parole scagliate contro un qualunque migrante è come fossero indirizzate contro i tanti italiani, contro il loro sudore ed il loro sangue di cui ancora conservano memoria le miniere e gli altiforni in giro per il mondo.
Le parole scagliate contro un dirigente sindacale sono ancora più gravi, a maggior ragione se autore dell’invettiva è una sindacalista a sua volta. Esse attentano alla democrazia.
Bisognerebbe andare ai cortei dei migranti, nelle campagne del casertano, comprenderne le lotte, i generosi sacrifici che animano le comunità, per avere un’idea del contributo che stanno dando alla lotta per la giustizia sociale.
La redazione esprime solidarietà ad Aboubakar invitato, in maniera razzista, a tornare a casa sua. Casa di Abou è qui e questo è un gran bene per la nostra democrazia.